Storia del tortellino

Vorremmo iniziare questo blog parlando del tortellino, prodotto tipico dell’Emilia Romagna, ma ormai conosciuto in tutta Italia. Il suo nome viene dal diminutivo di “tortello”, derivante a sua volta dall’italiano “torta”. Nelle Marche in particolare, i tortellini sono arrivati nel dopoguerra.

Per chi non lo conoscesse, il tortellino è un tipo di pasta ripiena di carne che ricorda un ombelico.
La leggenda ci porta infatti in una locanda a Castelfranco Emilia, dove una nobildonna era ospite di una locanda. Il proprietario sbirciò la sua ospite dal buco della serratura e, vedendo il suo ombelico, decise di riprodurlo. È proprio in questo paese, che si trova tra Bologna e Modena (due città che si contendono la “paternità” di questo prodotto), che oggi possiamo trovare il monumento al tortellino.

C’è anche una leggenda, simile alla precedente, che vede protagonisti Venere, Bacco e Marte, i quali alloggiarono in una locanda. Il mattino dopo, il proprietario di questa locanda vide Venere che dormiva ancora e rimase talmente colpito dalle sue forme, che volle riprodurne l’ombelico in cucina (per questo motivo, infatti, il tortellino è chiamato anche “Ombelico di Venere”. Di questo parla Giuseppe Ceri che, ispirato da un poemetto di Tassoni, scrive:

Venere bella serenò le ciglia;

Poi con gran meraviglia
Dell’oste lì presente
Come se fosse sola,
Le candide lenzuola
Spinse in mezzo alla stanza,
Le belle gambe stese,
Dall’ampio letto scese
Con un salto sì poco misurato
Che sollevandosi la camicia bianca,
Poco più su dell’anca,
Onde l’oste felice
(Lo dico o non lo dico?)
Di Venere mirò il divin bellico!

D’imitar quel bellico con la pasta
Gli balenò nel capo;
Ond’egli qual modesto cappuccino,
Fatto alla Diva un riverente inchino
In cucina discese;
E da una sfoglia fresca
Che la vecchia fantesca
Stava stendendo sovra d’un tagliere,
Un piccolo e ritondo pezzo tolse,
Che poi sul dito avvolse
In mille e mille forme
Tentando d’imitare
Quel bellico divino e singolare.

E l’oste ch’era guercio e bolognese,
Imitando di Venere il bellico
L’arte di fare il tortellino apprese!

 

La storia vera è invece un’altra: secondo lo storico Cervellati, a Bologna i tortellini si mangiavano già nel XII secolo, ma non è stato trovato nulla che lo verifichi. Una testimonianza, invece è quella del diario del Senato di Bologna, dove è scritto che nel 1500 fu servita una “minestra de torteleti” ad alcuni Tribuni della Plebe. A porre l’attenzione su questo tipo di pasta, però, fu Vincenzo Tanara nel 1664 quando, nel suo libro “L’economia del cittadino in villa”, parla dei tortellini cotti nel burro.

Anche Valéry Pasquin, nel 1842, parla del tortellino e di un ripieno meno raffinato di quello moderno, fatto cioè di tuorli d’uovo, parmigiano e grasso di bue macinato, ma furono i fratelli Bartagni a far conoscere questa pasta nel mondo, nel 1904, grazie a una fiera a Los Angeles.

Amante dei tortellini era anche Giacomo Leopardi, nostro conterraneo, il quale aveva preparato al cuoco una lista con le sue preferenze e al primo posto troviamo proprio i “tortellini di magro”.

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